LENZUOLA-ANTI BERLUSCONI
IN CENTINAIA SUI BALCONI INVOCANO LE DIMISSIONI DEL PREMIERpubblicata da Partigiani del Terzo Millennio il giorno venerdì 11 febbraio 2011 alle ore 19.32
ROMA – Tutto è cominciato con l’iniziativa di un cittadino di Roma: ha preso un vecchio lenzuolo bianco e ci ha scritto sopra la parola “dimissioni”. Destinatario del messaggio il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
L’idea non è passata inosservata ed è arrivata nella redazione di “Micromega”. Detto fatto il bimestrale di politica e filosofia ha lanciato un’iniziativa (Contagio democratico) invitando altri cittadini ad imitare l’originale e a spedire le foto alla redazione. E le lenzuola che chiedono le dimissioni del premier si sono moltiplicate in pochissimo tempo, diventando centinaia in tutta Italia.
L’idea è piaciuta anche a Marco Travaglio: foto della lenzuolata anti-premier sono anche sul profilo Facebook del giornalista.
-----------------noi ci saremo!!!
Siamo chiamati a schierarci.
Se ricordi il monito di Gramsci sull’indifferenza; se vedi le camice verdi leghiste occupare il Parlamento della Repubblica nata dalla Resistenza; se riesci a sentire che nelle parole pronunciate da Tiziana Maiolo in relazione ai bambini rom morti a Roma ( “ è più facile educare i cani che i nomadi”) vi sia il nuovo spirito nazista; se riesci a comprendere quale disegno reazionario totale stia dietro il nuovo ordine capitalista proposto da Marchionne ; se sai che il berlusconismo non è un incidente della storia, ma – come il fascismo – uno delle varie forme del potere del capitale: se hai coscienza di tutto ciò non puoi restare coi gomiti poggiati al davanzale, guardando ingrossarsi questo fiume nero. Occorre passarci addosso la carta vetrata della realtà, farci male sino a sanguinare verità. Che è una, semplice: la classe dominante ha perseguito per decenni, cogliendoli, due obiettivi: lo sfruttamento massimo sulla forza-lavoro e la costruzione di un senso comune reazionario di massa. Ma per giungere a ciò ha dovuto prima abbattere la diga varata a Livorno nel 1921 e poi erettasi nella lotta di Liberazione e nelle grandi lotte contadine, operaie, di popolo che hanno democratizzato l’Italia. La diga era il PCI, “ il paese nel paese”, come diceva Pasolini, ciò che potevamo essere e non siamo stati. Solo ora, di fronte a tanta rovina, possiamo rintracciare il filo che ha unito gli interessi del capitale al processo di snaturamento del più grande partito comunista al mondo non al potere, culminato nella scelta di Occhetto di scioglierlo; solo ora, pienamente, mettiamo in relazione il sorgere e l’affermarsi del regime berlusconiano all’assenza – nello stesso ventennio – di un partito comunista dotato di un radicamento ed una linea di massa. Dopo la “Bolognina” tutto è stato messo in discussione: il ruolo pubblico nell’economia, lo stato sociale, il contratto nazionale di lavoro, la Costituzione nata dalla Resistenza, l’antifascismo. E’ la lezione della storia: nei paesi capitalistici è il partito comunista a difendere gli interessi di massa e la stessa democrazia. Non è il dogma a parlare; è la vasta sofferenza sociale priva di rappresentanza politica e di orizzonte strategico a testimoniarlo: occorre rimettere in campo un Partito comunista con un pensiero ed una prassi della rivoluzione, capace di evocare e sostenere il conflitto, che riorganizzi in un’unica e sola forza i militanti e si ponga come polo d’attrazione della diaspora comunista italiana. E occorre che questo progetto inizi a prendere forma non in un domani incerto, ma ora e qui; al di là delle titubanze di alcuni gruppi dirigenti comunisti; per iniziare finalmente a rispondere colpo su colpo al padrone e prima che altre decine di migliaia di compagni e compagne prendano la strada del disimpegno e della resa.
Perché comunisti? Una coazione a ripetere?
No, il comunismo è il futuro; è, insieme, scienza e storia.
E’ la messa a fuoco della legge del valore; è la scoperta scientifica ed irrevocabile del plus-valore, è il fatto che non esistono padroni buoni ma che ogni lavoratore – appena assunto - diviene macchina oggettiva per il profitto. E insieme, il comunismo ( al di là di chi ha tentato inutilmente e maldestramente di “stabirne” la morte nel novecento) è storia grande dell’umanità:
dalla Rivoluzione d’Ottobre (che ratifica che il capitalismo non è natura, che il socialismo è cultura e dunque una necessaria costruzione umana) a quella cinese, vietnamita, cubana; dalla vittoria sul nazifascismo alle lotte planetarie di liberazione dei popoli.
La classe dominante vuol convincerci che il pensiero buono è solo quello che s’affaccia per ultimo nelle vetrine delle librerie; quello degli ultimi cinque minuti e tutto il resto sarebbe “passato”. In quest’ottica “passati” per sempre sarebbero Proust e Balzac e “attuale” rimarrebbe solo Fabio Volo; “passati” per sempre sarebbero Luigi Tenco, Woody Guthrie e John Coltrane e rimarrebbe buono solo Eros Ramazzotti.
Ma ciò non è che la totalità della mercificazione e nessuno ricorda che il pensiero di Aristotele segnò di sé la cultura occidentale sino al 1.500.
Oggi, di fronte alla crisi del capitale e al suo attacco barbarico, nulla è più contemporaneo del pensiero marxista e comunista, che le leggi della mercificazione non hanno la forza di rendere desueto.
E non siamo soli.
In un articolo del 13 gennaio del 1921, su L’Ordine Nuovo, Gramsci scriveva: “ La classe operaia italiana sa di non potersi emancipare dal capitalismo nazionale se non esiste un sistema di forze rivoluzionarie mondiali cospiranti allo stesso fine”.
Bene, il “sistema cospirante al fine rivoluzionario” è di nuovo in piedi, su scala planetaria.
In America Latina, in Africa, in Asia avanzano grandi movimenti di natura antimperialista e socialista.
In Europa le forze comuniste e di classe rialzano la testa.
E accadono cose che la censura cela: in Venezuela si costruisce un socialismo che assume il Lenin del rapporto tra soviet e potere; in Sud Africa, poco più di un mese fà, 50 mila giovani comunisti partecipano al Festival mondiale della gioventù, organizzato dal Partito comunista sudafricano: la lotta contro la guerra, contro la spoliazione imperialista segna ogni loro parola, ogni loro canzone.
In Tunisia il popolo caccia il dittatore e i comunisti tunisini, usciti dalle galere, lottano per la democrazia. In Egitto il popolo insorge.
Negli anni ’30, chiuso nella casa penale di Turi, Antonio Gramsci, nella sua sofferenza ma col suo carattere indomito, avvertiva i compagni di prigionia che c’era l’esigenza storica di lanciare una Costituente democratica e repubblicana antifascista che riconsegnasse al popolo italiano una prospettiva etica, sociale e politica.
Quell’intento gramsciano è oggi – di fronte alla fatiscenza anche morale di questo Paese – più attuale che mai e i comunisti, di nuovo, sono chiamati a svolgere un ruolo liberatore. La storia non è dunque finita, anzi, è appena cominciata. Anche per questo noi siamo chiamati a schierarci e non si può che ripartire dal principio: ricostruire in Italia un Partito comunista che si ponga alla testa delle lotte e che riapra un orizzonte socialista.
Noi ci saremo
Nessun commento:
Posta un commento