venerdì 15 gennaio 2010

manifestazioni contro il razzismo

MANIFESTAZIONE CONTRO RAZZISMO ED OMOFOBIA A MILANO IL 6/3/2010. DIFFONDETE.

Giovanni Brambilla

DIVERSO...PERCHE'? STRANIERO...DOVE? ALTRO...QUANDO?
Siamo tutti parte del medesimo respiro.
Smettiamo di accettare, per ignavia, l'esclusione
e l'invenzione di nuove differenze. Non respingere,
Accogli! No R.D. DAY Milano 6 marzo 2010 ore 14.oo
NO RAZZISMO! NO OMOFOBIA! NO XENOFOBIA!

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sabato, 16 gennaio 2010
ANTOINE
Noi bambini avevamo sempre fame.
Passavamo la giornata in strada.

Nel fango dei rigagnoli, uno spettacolo penoso da osservare, pallidi, deperiti, col ventre rigonfio e gli occhi arrossati, coperti di stracci, molto diversi dai figli dei borghesi. Si trascorreva le nostre giornate in strada fino alla età di sei anni, cioè fino al giorno in cui eravamo in grado, affrontando un lavoro faticoso e logorante, di contribuire con qualche soldo ai bisogni della famiglia. A sei anni cominciai a lavorare.

Venivo svegliato alle quattro del mattino e uscivo nel buio, senza lavarmi, ricoperto di pochi e sudici stracci, portando con me il pezzo di pane che doveva servire a nutrirmi fino all’ora del ritorno a casa. In fabbrica ci restavo dalle cinque del mattino alle otto di sera, con un solo intervallo di trenta minuti a mezzogiorno; il mio lavoro consisteva nel far girare le ruote che mettono in movimento i meccanismi per dipanare il filo.

Quattordici ore di lavoro al giorno, senza soste, continuamente sorvegliato, sgridato e spesso picchiato dal caporeparto.

Ma ero fortunato, rispetto ai bambini che lavoravano in miniera. Mio fratello Jean è morto a quindici anni, per aver lavorato troppo e per troppe ore al giorno: la fabbrica è stata la causa della sua morte, disse il medico. Il nostro lavoro è, in verità, una tortura che viene inflitta a bambini fra i sei e gli otto anni in capannoni malsani, in mezzo al pulviscolo che distrugge la salute anche agli adulti. Il 27 luglio 1830, come tutti gli altri giorni, andammo al lavoro, ma tutte le fabbriche erano chiuse.

Gli industriali, i ricchi borghesi, i commercianti danno ordine agli operai di radunarsi sulla piazza, al fine di appoggiare il movimento, se non vogliono essere privati del lavoro. Il movimento sarebbe la rivoluzione per detronizzare Carlo X.

Grazie alle lotte popolari, la borghesia industriale e commerciale si è impadronita del potere.

Ma nulla è cambiato: i borghesi che ci governano hanno tutto l’interesse a privarci ancora una volta dei nostri diritti. Nel 1831, a Lione, la miseria era tanta. I padroni avevano rifiutato qualsiasi aumento di salario. Il prefetto del dipartimento del Rodano riunì i rappresentanti degli industriali e degli operai: viene deciso un aumento e firmato l’accordo.

Ma 104 proprietari di fabbrica si rivolgono al ministro del Commercio, respingono l’accordo, minacciano una serrata se le nuove tariffe salariali verranno applicate. Allora il ministro ordina al prefetto di abrogare queste tariffe. Il 21 novembre, si fermano i gruppi operai; contro di loro viene inviata la guardia nazionale, un corpo di volontari formato soprattutto da piccoli proprietari di fabbriche; le guardie sparano.

Gli operai tessili si armano subito, a loro volta, di fucili, di sciabole, di sbarre di ferro. Vengono erette delle barricate. Il 22, su Lione vengono puntati i cannoni: inizia la battaglia ed è l’intera città che insorge. Il 23, le truppe si ritirano. Il 25, gli operai, che hanno ricevuto qualche promessa, ritornano alle loro case. Il presidente del Consiglio approfitta di questo momento e invia 20.000 soldati e 15 cannoni. Vengono arrestati 90 operai.

Il ministro del Commercio vieta l’aumento dei salari. Ancora una volta, siamo stati sconfitti. Infatti, sei dei nostri compagni, arrestati perchè avevano fatto sciopero, dovevano essere giudicati. Il governo aveva preso le sue precauzioni: 12.000 soldati e 10 brigate di polizia circondavano la città. Il 9 aprile, il giorno in cui sarebbe stata emessa la sentenza, fu decisa una fermata del lavoro. In gran numero ci raduniamo pacificamente nei pressi del Palazzo di Giustizia.

Un distaccamento di cavalleria compie improvvisamente una carica, e i soldati sparano sugli operai inermi. Immediatamente viene organizzata la resistenza: si fanno barricate, si trovano i fucili ( pochi, però: sono appena un migliaio). Per sei giorni combattemmo contro 15.000 soldati e gendarmi. Come nel 1831, gli operai non commisero atti di violenza. Le truppe, al contrario, massacrarono donne, vecchi, bambini. Le case vengono saccheggiate e date alle fiamme.

Lione è sconvolta. A Parigi, l’insurrezione scoppia il giorno 13, proprio il giorno che segnava la nostra sconfitta a Lione. La repressione è la stessa: Thiers, ministro degli Interni, ordina: Nessuna tregua! Guizot, ministro della Pubblica Istruzione, afferma: Siate inesorabili!

Il generale Bugeaud: Uccideteli tutti!. Occorre unirsi. Abbiamo dovuto scappare da Parigi: la polizia ricercava non soltanto coloro che avevano preso parte all’insurrezione, ma anche tutti i repubblicani. Mio padre, infatti, verrà arrestato. L’Internazionale operaia.

L’idea di un’ Unione Internazionale si fa strada: avvengono numerosi contatti fra operai di diversa nazionalità. Uomini come Friedrich Engels in Inghilterra e Karl Marx, un tedesco rifugiatosi dapprima in Francia e poi in Belgio, lavorano intensamente per la realizzazione di questa unione. Mio padre, però, non farà in tempo a vedere l’attuazione del suo sogno.

Due anni dopo la mamma, morta di una malattia polmonare e per aver troppo sofferto, troppo lavorato, morì anche lui, precocemente invecchiato e logorato dalle fatiche. Era il 1846 ed egli mi fece giurare che avrei continuato la lotta e che non l’avrei mai abbandonata. Mio padre morì appena un anno prima del grande momento: nel 1847, a Londra, vennero poste le basi dell’Unione Internazionale dei Lavoratori e Marx ed Engels furono incaricati di redigere il testo fondamentale, una vera e propria carta dei diritti degli operai.
Il Manifesto del partito comunista apparve nel gennaio 1848.

Esso proclama apertamente il carattere internazionale della lotta per i diritti della classe operaia. Proletari di tutto il mondo, unitevi!
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Sono stato condannato, e deportato in Algeria,
in un campo di concentramento.
E qui è la morte, la morte che avanza, una morte
lenta provocata dalle febbri, dalle malattie,
dalla fame,dalla sete.
Ma il nostro sacrificio non sarà inutile.

Ogni nuova idea ha il suo battesimo!

I primi che la diffonderanno non saranno capiti,
saranno uccisi…
Mentre scende la sera, sento sussurrare le note
della Ronde des Canuts, la canzone degli operai
setaioli di Lione:

Nostro regno giungerà

quando il vostro finirà!

Noi allora tesseremo

il sudario al vecchio mondo,

mentre intorno già si sente

il tuonar della rivolta!…


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